Filosofia e didattica

Si studia

La filosofia dietro il corso formazione

Quando andiamo ad insegnare yoga in palestra o in centri sportivi non ci viene chiesto di insegnare una filosofia di vita, come lo yoga in verità è, ma ci viene chiesto, almeno in un primo tempo, di insegnare il lato fisico dello yoga, le asana, il pranayama, e in un secondo momento le tecniche di rilassamento e di meditazione. Sta a noi rendere questi ultimi argomenti parte della lezione, basandoci sui partecipanti e su come cade la richiesta.

Per questo, nel corso formazione, dedichiamo molta attenzione a come insegnare le asana e il pranayama e, soprattutto, all’approccio di insegnamento e a come, quando e perché correggere, e anche perché qualche volta non correggere in quel momento.

Sappiamo che la pratica di hatha yoga porta alla meditazione come ultimo fine e scopo, ne parleremo durante le lezioni e proporremo delle tecniche di concentrazione ma, come già detto, spesso e volentieri ci verrà richiesto di insegnare le posizioni e noi dovremo poter fare questo in modo sicuro e senza che i nostri allievi corrano dei rischi.

Nei vari interventi e lezioni, sia da parte mia che del nostro medico e osteopata, torneremo perciò sempre sulla relazione che si va ad instaurare tra allievo e insegnante. Per correggere le posizioni ci vuole una buona conoscenza dell’anatomia, bisogna conoscere i problemi fisici reali e qualche volta immaginari dell’allievo, conoscere dell’allievo possibilmente le aspettative verso la disciplina nonché l’atteggiamento di vita ecc. Quando lavoriamo sul corpo, lavoriamo anche sulla mente: il respiro e le emozioni sono collegate. Quello che viene chiesto all’insegnante è una reale capacità di osservazione, facoltà che va sviluppata e che richiede disponibilità verso gli altri.

Nel nostro approccio in questo corso formazione non faremo, quindi, tantissime posizioni ogni
week end, ma andremo a scorporare, singole posizioni da un punto di vista prettamente anatomico. Vedremo come funziona lo “strumento” corpo, in senso meccanico, le interazioni tra la posizione assunta e il respiro, gli organi interni, la pressione ecc., come e perché cambia il respiro, dove mi porta la posizione ecc., i segnali a cui stare attento, quando esagero ecc.

In questo contesto verrà anche visto il mini corso di massaggio Nuad Bo Rarn del secondo anno, che porta l’attenzione sulle linee d’energia (Sen), i nadis dello yoga, sul “sentire” l’energia, e il collegamento con la medicina, se c’è un collegamento e dove possa esserci.

Dopo che avremo visto l’asana dal punto di vista medico, andremo a eseguirla e ne discuteremo, andremo poi a vedere le varianti su quest’asana secondo le diverse tradizioni e discuteremo non quale variante sia meglio, ma i meriti di tutti paragonati, perché ogni variante e ogni tradizione ha i suoi meriti e le sue ragioni. E anche utile che l’insegnante sia preparato a sapere dell’esistenza di molti diversi approcci e modi di fare la stessa asana, anche per non venire colto di sorpresa di fronte ad un allievo che è già pratico e magari conosce una tradizione diversa di quella nella quale l’insegnante è preparato.

Una volta fatto questo percorso andremo a vedere come e perché e quando correggere e
saranno stimolati i suggerimenti degli allievi. Tutti hanno già praticato per cui avranno già le
loro idee e impostazioni.

Si creerà così un metodo di lavoro nell’insegnamento degli asana, così come per il
pranayama.

Dal momento che in yoga usiamo il nostro corpo come strumento di ricerca e anche come
strumento di verifica, penso che sia onesto e doveroso rispettare questo corpo e cercare di
capire come funziona, per non chiedere allo strumento cose che non ci può dare perché
così potrei ottenere di più e probabilmente con meno fatica.

In yoga mente e corpo funzionano insieme: cos’è la mente, cos’è il corpo, dove comincia uno e
dove finisce l’altro? Sono intimamente collegati e, come ci insegna la moderna neurobiologia,
probabilmente nel nostro insieme di cellule cerebrali stanno rinchiusi le nostre emozioni, il
nostro umore, persino il nostro senso religioso e la nostra esperienza mistica (vedi “A user’s
guide to the brain”
di John J. Ratey – ed. Vintage – e “Mapping the mind” di Rita Carter – ed.
Phoenix – e “Phantoms in the Brain” di Sandra Blakeslee & V.S. Ramachandran, cap. 9).

Il target a cui mira questo corso formazione sono quegli aspiranti insegnanti che portano il loro
genuino interesse, che siano motivati, disposti a mettersi in discussione che non disdegnino di
studiare le basi anatomiche, perché l’insegnamento deve esprimere sicurezza, sempre con il
massimo rispetto per l’allievo: se sono prudente con il suo corpo devo essere ancora più
prudente con la sua mente, con le sue idee, con le sue sicurezze ed il suo credo! Chi sono io a
volermi sostituire ad un convincimento religioso/filosofico di un allievo?
Dall’insegnante si richiede umiltà e senso di misura.

Bisogna essere capaci di cambiare idea, di cambiare metodo e di rimanere aperti a nuove
esperienze e nuovi approcci, diventa evidente l’importanza che anche l’insegnante segua a sua volta corsi di aggiornamento, continui a documentarsi, legga e studi. In yoga non si arriva mai.
Ogni volta deve essere la prima volta: stessa curiosità, stesso entusiasmo, stesso interesse,
stesso coinvolgimento con gli altri.

Come giustamente afferma H. David Coulter in “Anatomy of Hatha yoga”, la cosa più
importante in hatha yoga non è la flessibilità o la capacità di esibirsi in posizioni
particolarmente difficili ma la consapevolezza, la conoscenza intima del proprio corpo e del
respiro.

Lo yoga va praticato con umiltà, grande pazienza e senza aspettative, il che non significa senza impegno! Il concetto di santosha va sempre portato in primo piano. Non inerzia ma impegno intelligente e ascolto attento.

Se l’unica preghiera che dici nella tua vita è “TI RINGRAZIO” questo basta”.
Meister Eckhart

La formazione non finisce mai… ma inizia subito!

Fin dal primo weekend di corso gli studenti vengono coinvolti attivamente nella didattica. Le ore di lezione “classiche” (qualcuno spiega e gli altri ascoltano, per intenderci) sono solo una parte del monte ore totale, e il loro scopo è soprattutto quello di alimentare curiosità, dubbi, domande e approfondimenti che strutturano il resto delle ore.

Le lezioni di anatomia e di fisiologia trovano la loro necessaria evoluzione nei “compiti a casa”, che obbligano gli studenti a mettersi lì a provare e riprovare le posizioni, a sentire e capire cosa accade nel corpo quando ci si muove e quando si respira, magari davanti allo specchio per imparare ad osservare, e per maturare incertezze e domande su cui tornare tutti insieme durante il corso.

Le ore dedicate alle posizioni e alle altre tecniche e alla loro preparazione sono il materiale di partenza per la strutturazione di piccole lezioni a tema da proporre ai compagni: una preziosa occasione per confrontarsi sulla validità delle sequenze proposte e sull’efficacia della propria comunicazione, per mettersi in gioco, imparando a criticare in modo costruttivo e ad accettare le critiche con spirito positivo.
A noi interessa formare insegnanti in grado di mostrare asana comprese, eseguite e respirate in modo corretto, di accompagnare e correggere i propri allievi nella pratica, adattandosi alla propria struttura e ai propri limiti, rimanendo così nel tipo di attitudine proprio dello yoga: l’insegnante non è un praticante molto avanzato che si fa guardare da altri meno avanzati…!

Osservare e comunicare, non solo con le parole, è secondo noi una prerogativa essenziale dell’insegnante: a questo scopo stiamo inserendo nel corso master un percorso sulla gestualità e sull’uso della voce.

Lo studio dei testi è un aspetto importantissimo, che sostiene e arricchisce la pratica e che dalla pratica viene chiarito e vivificato: la strada scelta è che ognuno si legge i testi per conto suo, prepara delle domande e delle osservazioni, e tutto viene condiviso con il gruppo sotto la guida dell’insegnante. La questione non è aver letto i capitoli di Hatha Yoga Pradipika e ciao, ma averli masticati, e rimasticati, e confrontati, e averli digeriti… per poi ritrovarseli tra le mani nella pratica, nell’insegnamento e nella vita di tutti i giorni.

Crediamo che soltanto attraverso queste tappe si possa iniziare a darsi forma come insegnante.
Dopo il corso si continua, con la pratica e con la vita, ad affinare le proprie capacità di ascolto e di presenza, a personalizzare il proprio insegnamento nella sincerità e nella immediatezza che lo yoga stesso significa.

Namastè